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Microstoria della cucina Normanna in Calabria

La Sila Greca rappresenta la parte settentrionale dell’altopiano calabrese della Sila.

Al suo interno, in una pittoresca valle attraversata dal Trionto, sorge Longobucco, un piccolo comune della provincia di Cosenza che conserva viva la memoria della sua fondazione normanna. Il borgo è posto tra le vette e i boschi del Parco Nazionale della Sila.

Longobucco ha conosciuto alterne vicende: negli anni Cinquanta vi prosperarono le attività artigianali di lavorazione di tessuti, dei metalli, del legno e della gioielleria. In seguito la prosperità calò e negli anni 70 il paese si vuotò in parte dei suoi abitanti e delle sue imprese. Rimane ancora una traccia del passato enogastromico normanno in una delizia locale  base di carne, di cui si parlerà adesso.

UN PIATTO DELIZIOSO DI LONGOBUCCO (IL SACCHETTO)

Il sacchetto di Longobucco è un saporito zampone di maiale. Longobucco, tipico paese di fondazione normanna, è noto per questo delizioso involtino ottenuto dalla carne della coscia anteriore del maiale. La carne di suino viene macinata e insaccata nella sua stessa cotenna.

Castello Normanno di Gerace

Il nome sacchetto, appunto, deriva dalla forma della cotenna, che ricuce un involto di suino nero di Calabria, una carne rustica, magra e proveniente da un sapiente allevamento dei maialini neri in pascoli adatti.

Il suino nero era, fino agli anni ’20, estremamente diffuso in varie zone della Calabria, poi un lento declino della zootecnia locale, sempre più legata alla scelta di razze più produttive, ha portato il maiale nero di Longobucco quasi all’estinzione.  Solo nel 2007 i capi erano meno di 500 e oggi sono stati attuati vari progetti per cercare di tutelare questo suino.

Dal punto di vista gastronomico, il sacchetto di Longobucco viene tradizionalmente consumato a fette, accompagnato dai contorni tipici della Sila greca, come funghi sott’olio, verdure al vapore o legumi. Il salume presenta una carne compatta, ha colori più o meno vivaci ed è delicatamente profumato da spezie, erbe aromatiche e altri odori.

Longobucco

Per preparare il sacco si adopera la zampa anteriore del maiale, nella parte compresa tra il piede e la coscia, e si estrae tutto il muscolo, lasciando intatta la cotenna. La carne viene tagliata a pezzetti, cosparsa di sale e pepe nero in grani, rimessa nella crosta esterna e cucita con spago da cucina.

Per eseguire la cucitura del sacchetto, nonostante la consistenza coriacea della cotenna, è di fatto usato il punteruolo di un calzolaio. Il sacchetto viene poi cotto nella stessa pentola utilizzata per cuocere le frittole di maiale (nome locale dato ai c.d. ciccioli di maiale). Dopo circa tre ore di cottura, il salume viene scolato e posto ancora caldo in un tegame di coccio, nel quale viene versato il grasso ottenuto dalla cottura delle frittole; così preparato, il sacco può riposare per un mese in un ambiente asciutto e fresco.

Il Sacchetto di Longobucco

Il sacchetto di Longobucco è una preparazione artigianale ed il prodotto al momento non è in vendita, perché o realizzato in famiglia o in ristoranti selezionati.

Valle del Trionto

MACROSTORIA DEI NORMANNI IN CALABRIA

Pur con luci ed ombre, i Normanni portarono il cattolicesimo in Calabria già nell’XI secolo, strappando questa terra sia agli arabi musulmani sia ai Bizantini ortodossi. Il giudizio non del tutto positivo è legato al fatto che i Normanni erano dei feroci guerrieri, con un passato di mercenari e predoni e al fatto che, pur portando aiuto al pontefice Romano in tutta l’Italia Meridionale, nell’XI sec., posero a sacco Roma (distruggendo alcune importanti chiese della cristianità latina).

I primi artefici della conquista normanna in Calabria furono i due fratelli Roberto il “Guiscardo” e Ruggero d’Altavilla, seguiti da Ruggero II. I primi due condottieri erano particolarmente legati ai monaci benedettini francesi e, perciò, fecero venire dalla Normandia (parte atlantico-settentrionale dell’attuale Francia) diversi abati e monaci, oltre a svolgere essi stessi un autentico ruolo religioso nella conversione dei popoli sottomessi.

I Normanni furono, da quel momento, capaci di incidere profondamente anche sul piano sociale ed economico, grazie ad un infeudamento della Calabria e della Sicilia che vide sorgere in queste terre una ripresa di tutte le arti. Sotto i dominatori Normanni iniziò tra l’altro il recupero del mondo greco-latino ormai andato perduto, tramite i consistenti lasciti culturali di testi greci (d’arte, scienza e filosofia) che i Normanni ricevettero dai Bizantini e dagli Arabi (ancora presenti in un numero consistente nelle terre invase).

Guerrieri Normanni in azione

I PASSI DELLA CONQUISTA

Roberto d’Altavilla giunse in Calabria indicativamente nel 1047 vivendo inizialmente nell’area di Scribla, nell’attuale territorio di Spezzano Albanese; successivamente, riuscì ad occupare la città di San Marco.

Torre Normanna di San Marco

Nel 1048, dopo aver represso una rivolta nella Valle del Crati scoppiata contro il principe longobardo Guaimario IV, Il Guiscardo conquistò e pose sotto il proprio controllo i centri di Bisignano, Cosenza, Martirano, Montalto, Rossano e la Piana di Sant’Eufemia. Lo raggiunse qualche anno più tardi il fratello minore Ruggero; ed insieme diedero esecuzione, sin dal 1056, ad un sistematico piano di conquista della Calabria, coordinando il tutto proprio dalla città di San Marco.

Nel 1057, alla morte del Duca normanno Umfredo, Roberto entrò in possesso dei suoi territori pugliesi, accrescendo anche il suo prestigio in seno alla cavalleria normanna. Nello stesso anno i fratelli d’Altavilla posero sotto assedio vari castelli Longobardi e Bizantini dell’attuale area cosentina, conquistandoli tutti, uno ad uno; successivamente conquistarono Catanzaro e misero a ferro e fuoco il circondario dell’attuale area reggina, ma senza riuscire a conquistare Reggio. I Normanni conquistarono Reggio soltanto nel 1059, dove Roberto venne acclamato duca dal suo esercito.

Castello di Stilo

Successivamente, fu la volta della conquista di Squillace, ultima enclave bizantina a cadere nelle mani normanne. Con la caduta di Squillace, Roberto il Guiscardo venne proclamato ufficialmente duca di Calabria, Puglia e Sicilia, da parte del papa Leone IX a Melfi.

Infine, i fratelli d’Altavilla si spartirono i territori della Calabria nel castello di Scalea, dove firmarono il celebre “Patto di Scalea”. La parte settentrionale della regione, fino al monte Intefoli presso Squillace, toccò a Roberto, quella a sud a Ruggero. Nel 1085, alla morte di Roberto, Ruggero ottenne il controllo totale sulla Calabria meridionale, per concessione del nipote Boemondo, dopo che questo era stato aiutato dallo stesso Ruggero nella lotta di successione contro il fratello Ruggero Borsa. La regione rimase sotto i discendenti Normanni fino all’avvento degli Svevi, che ne ereditarono i territori con Federico II, figlio di Costanza d’Altavilla.

Basilica Normanna di Roccella

I Normanni lasciarono la gestione amministrativa degli abitati calabresi alle popolazioni locali, in cambio di ostaggi e sottomissione. E per controllare il territorio eressero varie piazzeforti e cestalli in tutta la regione, spesso riadattando preesistenti fortezze bizantine. Ciò accadde ad Aiello, Catanzaro, Cosenza, Crotone, Gerace, Maida, Martirano, Mileto, Nicastro, Reggio, San Marco, Santa Severina, Scalea, Scilla e Stilo. In particolare, per la sua posizione centrale nella regione Mileto fu scelta da Ruggero come capitale dello stato normanno in Calabria, oltre che come centro di irradiamento spirituale della conversione religiosa, attuata tramite i Benedettini. A Mileto inoltre nacque Ruggero II, Re Normanno di Sicilia (22 dicembre 1095).

Da Mileto e dalla Calabria i Normanni continuarono poi la loro leggendaria liberazione della Sicilia dagli Arabi. Infatti, nel 1064, partendo proprio da qui, con l’aiuto di contingenti locali, Ruggero intraprese la conquista dell’isola. 

RINASCITA DI CHIESE BENEDETTINE NEL PERIODO NORMANNO

L’abbazia di Sant’Eufemia Vetere fu voluta da Roberto il Guiscardo nel 1062 come mausoleo per le spoglie dei suoi cari, mentre la Trinità di Mileto fu voluta (tra il 1063 ed il 1066) dal fratello Ruggero d’Altavilla, poi Conte di Calabria e di Sicilia, come tomba per sè e per la moglie Eremburga (il sarcofago di quest’ultima é oggi in mostra nel museo di Mileto).

Resti della Chiesa delle Trinità di Mileto

A costruire l’abbazia di Sant’Eufemia fu un monaco normanno, Robert de Grandmesnil. Si ritiene, infatti, che furono gli stessi religiosi benedettini a progettare le chiese in cui furono nominati abati o vescovi. Era regola nell’ordine benedettino che fosse studiata fra i vari rami dell’arte anche l’architettura e gli abati avevano l’obbligo di tracciare la pianta delle chiese e delle costruzioni secondarie che erano chiamati a dirigere.

Robert de Grandsmenil, giunto in Calabria dalla Normandia nel 1062 con 11 monaci, fu il primo abate di Sant’ Eufemia e alle sue dipendenze vi erano le abbazie di Venosa e di Mileto, rette da due priori francesi. Pare che l’abate Grandsmenil sia stato costretto a fuggire dalla normandia in Calabria a causa dei suoi intrighi politici contro il duca Guglielmo, detto “il conquistatore” dopo la battaglia di Hastings del 1066, con la quale sottomise l’Inghilterra.

Abbazia di S. Eufemia Vetere