Il vino è una coltura per la quale è stato dimostrato l’effetto positivo del terroir calabrese, con un’antica storia risalente ai Greci, o persino prima ai Fenici, di sviluppo di vini pregiati. Il terroir dà buona prova di sè anche oggi, con almeno 12 DOC.
Il “concetto di terroir” è diventato popolare in molte parti del mondo. Originariamente sviluppato per il vino, ora viene applicato a molte altre colture di qualità, ma sicuramente e principalmente per il vino. Sebbene sia ben noto che il suolo del vigneto è uno dei principali fattori caratterizzanti il terroir, è altrettanto noto che le proprietà del suolo possano variare notevolmente anche all’interno di un singolo appezzamento, tanto che un vigneto, ad esempio, potrebbe produrre due o più tipologie differenti di vino. L’ottimizzazione dell’agricoltura in relazione alle caratteristiche del suolo è quindi l’obiettivo principale dell’agricoltura calabrese.
METAGENOMIA DEL VINO CALABRESE
In Calabria, una parte considerevole di alimenti tipici, come latticini, olio d’oliva, vino, frutta e verdura e cereali godono di una vera e propria denominazione d’origine mediterranea. Infatti, sono protetti da una “denominazione di origine” e le metodologie analitiche utilizzate per l’identificazione geografica dei prodotti alimentari sono numerose, anche purtroppo ancora, e per lo più, sperimentali. I più importanti strumenti sono l’analisi del DNA e le tecniche cromatografiche, spettroscopiche e di spettrometria di massa.
L’analisi del DNA, utilizzando la metodologia DNA-barcoding, consente di identificare l’impronta digitale di ogni prodotto, garantendone origine e qualità.
Un’altra prospettiva molto importante per il vino mediterraneo e calabrese in particolare è quella delle sequenze di DNA “ambientali”, uniche per ogni specie o sottospecie, da utilizzare come ”codice a barre” per identificare un prodotto confrontandole con un database contenente le sequenze di tutte le specie conosciute. Questo approccio è chiamato “Metagenomica del vino”.
La tecnica è però sperimentale, come detto, e scarsamente implementabile. Solo nel 2009 è stato condotto, per la prima volta, in Sila un esperimento di metagenomica sulle patate (sono stati individuati tre tipi di terreno e i relativi marcatori metagenomici), l’estensione del metodo al vino è ancora solo una prospettiva futura.
Il processo è l’identificazione dei cosiddetti marcatori molecolari per la tracciabilità della filiera agroalimentare, tuttavia può diventare una nuova sfida per la tutela dei prodotti di alta qualità.
Nel mondo, infatti, gli ultimi 2 decenni sono stati caratterizzati da un importante cambiamento negli approcci utilizzati per l’esame microbico, dovuto all’introduzione di metodi di community fingerprinting basati sul DNA come DGGE, SSCP, T-RFLP e ARISA. Questi approcci hanno consentito l’esplorazione delle strutture della comunità microbica senza la necessità di coltivare e sono stati ampiamente applicati per decifrare le popolazioni microbiche associate alla vite, nonché le dinamiche microbiche durante la maturazione degli acini d’uva e la fermentazione del vino.
Queste tecniche sono ben consolidate per la profilazione rapida e più sensibile delle comunità microbiche e questi approcci metagenomici all’ecologia microbica del vigneto svelano in particolare l’influenza delle pratiche di gestione del vigneto sulla diversità microbica.
ARCHEOLOGIA DEL VINO ED ENOLOGIA DEL MEDITERRANEO
Lo sviluppo di queste tecniche ha avuto ricadute anche sull’archeologia del vino.
Infatti, un tentativo molto importante di identificare l’origine metagenomica del vino di riso è stato fatto da alcuni scienziati cinesi (stiamo citando il noto articolo “Metagenomic sequencing reveals the relationship between microbiota composition and quality of Chinese Rice Wine”, Xutao Hong, Jing Chen, Lin Liu, Huan Wu, Haiqin Tan, Guangfa Xie, Qian Xu, Huijun Zou, Wenjing Yu, Lan Wang & Nan Qin, – in Scientific Reports volume 6, Article number: 26621, year 2016).
Il recente esperimento metagenomico sul vino di riso è molto interessante, se ricordiamo che ha permesso di identificare le prime tracce archeologiche di vino, le quali si possono trovare proprio in Cina, nel 7000 a.C., quando il primo tipo di vino della storia umana fu una miscela fermentata di miele, “riso ”, uva e bacche di biancospino. Inoltre, il vino di riso è ancora oggi una bevanda diffusa in Cina, mentre il primo vino puro di uva è databile al 6000 a.C. e geograficamente collocato nella regione della Georgia e del Caucaso in generale.
Recenti notizie del 2023 riferiscono, persino, che l’origine dell’uva e quella del vino, finora un mistero irrisolto, risalgano addirittura a 11mila anni fa, grazie a due eventi di domesticazione geograficamente separati da più di 1.000 chilometri, ma simili nel risultato.
Si sono verificati in Asia occidentale e nella regione del Caucaso. A ricostruirlo è stata la più grande analisi genetica mai condotta, che ha preso in esame oltre 3.000 campioni di vitigni provenienti anche da collezioni private ed esemplari mai documentati. Da quella zona la vinificazione si è poi diffusa nel mondo fenicio, greco e latino…
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science, conquistando anche la copertina, dal gruppo internazionale guidato da Chinese Agricultural University of Yunnan, State Laboratory of Agricultural Genomics di Shenzhen e Chinese Academy of Sciences di Pechino, con la collaborazione italiana del Università di Milano, Milano-Bicocca e Mediterranea di Reggio Calabria, del Centro Nazionale per la Biodiversità (Nbfc) di Palermo e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr).
In particolare, gli scienziati cinesi hanno studiato l’influenza della composizione microbica sulla qualità del vino di riso e il sequenziamento è stato eseguito per 110 campioni di vino sul gene 16S rRNA batterico e sullo spaziatore trascritto interno II (ITS2) fungino.
Le analisi bioinformatiche hanno dimostrato che la metagenomica del vino di riso è contrassegnata da Lactobacillus brevis. Questi risultati non hanno solo avuto risvolti decisamente importanti per l’acheologia del vino, ma hanno anche portato, più praticamente, alla conclusione che i metabolismi dei microbi influenzano la qualità del vino e possono segnarlo.
PROSPETTIVE: ENOLOGIA CALABRESE E ARCHEOLOGIA DEL VINO
Le nuove tecniche di Metagenomica sono un nuovo campo aperto per dimostrare la migliore qualità dei suoli calabresi e dei loro vigneti. Inoltre, l’archeologia del vino può avvalersi di questo metodo per indagare la storia del vino nel meridione d’Italia, come patrimonio ambientale della storia fenicia, greca e latina nei vini calabresi.