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Astronomia in Calabria, Luigi Lilio

Luigi Lilio è l’astronomo calabrese che dedusse dai suoi calcoli, che l’anno risulta essere di 365 gg., 5 ore, 49 min. e 12 sec. Nacque a Cirò, nei pressi di Crotone, nel 1510 e qui morì nel 1576. E’ lui l’immortale autore della riforma del calendario che fu poi detta “Gregoriana”, cioè del calendario Gregoriano usato oggi in tutto il mondo e voluta dal Pontefice Gregorio XIII nel 1582.

La storia parla più spesso e direttamente di un’innovazione del papa, Gregorio XIII, che la ordinò, e non di Lilio, ma fu proprio quest’ultimo a risolvere il problema astrofisico e religioso  che aveva sollevato il Consiglio di Nicea, quando aveva precisato che la Pasqua sarebbe stata celebrata la prima domenica dopo il plenilunio di primavera.

Il problema era che, letteralmente, i conti non tornavano e la Pasqua non cadeva mai in questo giorno, anche perché l’anno solare era composto da più di 365 giorni e questo fatto sfasava nel corso dei secoli la prima domenica di Pasqua (dopo il primo plenilunio). Ebbene, Lilio dovette correggere lo sfasamento ed in un solo anno, il 1582, l’adozione del nuovo calendario comportò che la data passò immediatamente dal 4 ottobre al 15 (1582).

Cirò, mercati saraceni

In generale le nuove quattro regole adottate dalla riforma liliana sono le seguenti:

  1. Ogni anno dura effettivamente 365 gg., 5 ore, 49 min. e 12 sec., ma si può considerarlo per convenzione di soli 365 giorni, se si seguono le successive tre regole,
  2. Ogni anno, la cui data non è non divisibile per quattro (p.e. 2023), sarà un anno comune di 365 giorni,
  3. Mentre sarà bisestile di 366 giorni, se il suo numero è divisibile per quattro (p.e. quest’anno, il 2024).
  4. Faranno eccezione alle regole 2) e 3) gli anni secolari (p.e. 2000) i quali, se hanno il numero divisibile per quattro (è il caso del 2000) sono bisestili (durano 366 giorni); se invece l’anno secolare non è divisibile per quattro (p.e. 1900), sarà comune [Seguendo queste indicazioni, non sono stati e non saranno bisestili gli anni 1800, 1900, 2200 etc.; lo saranno gli anni 1600, 2000, 2400, 2800 etc.]

Per correggere, intanto, gli errori futuri, fu decretato che si cancellassero 3 giorni ogni 400 anni, mantenendo la regola giuliana dell’introduzione di un anno bisestile ogni 4 anni, salvo il caso degli anni secolari (regola n. 4).

In quanto allo spostamento dell’equinozio di primavera dovuto al calendario giuliano, per correggere questo errore passato, Lilio, per recuperare i giorni perduti e per ricondurre l’equinozio di primavera alla data del 21 marzo, propose di eliminare dal calendario dieci giorni; questa correzione fu adottata, come detto, nel 1582, anno di introduzione del nuovo calendario Gregoriano e si passò direttamente dal  4 al 15 ottobre (1582).

Oggi il calendario di Lilio è uno strumento indispensabile per l’intera civiltà umana ed è degno di nota che la Calabria abbia dedicato a Lilio un intero parco astronomico e commemorativo a Savelli. Si tratta di una struttura che sorge a 1170 metri di quota ai confini della Sila Crotonese. Il Parco ultimato nel 2016 è un’attrazione unica nel suo genere e custodisce la memoria di Luigi Lilio, ospitando eventi, convegni e cicli di osservazioni dirette mediante telescopio.

Sistema solare, piani di rivoluzione (non reali)

FONDAMENTO DEL CALENDARIO LILIANO, INCORPORAZIONE DELL’ANNO TROPICO

Le correzioni di Lilio attuarono la sincronizzazione dell’anno civile con l’anno astronomico di quel tempo. I suoi calcoli nacquero da un problema religioso (quando festeggiare la Pasqua) e da uno di base (il calendario perdeva giorni). Prima di Lilio, l’anno civile e quello solare infatti differivano dal c.d. anno tropico (di origine astronomica), sul quale invece il calendario gregoriano si baserà e si uniformerà da allora.

L’anno tropico dura 365,24219 giorni solari medi, da un equinozio di primavera (o di autunno) all’altro. Il calendario gregoriano-liliano incorpora questa informazione.

L’anno tropico può essere spiegato come segue. Il Sole sorge e tramonta con un suo moto apparente, ma lo stesso cerchio giornaliero del percorso del Sole ruota nella sfera celeste secondo un’ellissi immaginaria, l’eclittica. Questo moto annuale è apparente, perché è la terra a compiere in realtà una rivoluzione nel cielo intorno al Sole, come gli altri pianeti. Ora, quando l’ellisse immaginaria dell’eclittica solare incrocia l’equatore celeste, le ore della notte sono uguali di numero a quelle del  giorno (equinozio significa appunto notte uguale al giorno).

Gli incroci equinoziali sono due come nella figura 1 seguente (in Ariete o primaverile-vernale e in Bilancia o autunnale).

Figura 1, incroci dell’eclittica con l’equatore celeste

L’eguaglianza giorno-notte degli equinozi (quello primaverile si verifica intorno al 20 o 21 marzo nell’emisfero settentrionale e intorno al 22 o 23 settembre nell’emisfero meridionale) si spiega come segue. L’equatore celeste è la proiezione dell’equatore terrestre nella sfera celeste, un cerchio immaginario. Come quello terrestre divide la Terra in emisfero nord e emisfero sud, così l’equatore celeste divide la sfera celeste in un emisfero celeste settentrionale e uno meridionale. Quando il Sole sorge e tramonta in un punto-incrocio tra eclittica ed equatore terrestre-celeste la stella percorre un tratto di emisfero meridionale (terrestre-celeste) uguale a quello settentrionale (e si ha un equinozio). Negli altri momenti dell’anno, invece, il Sole, p.e. in Italia, attraversa un certo punto dell’eclittica in cui il percorso notturno nell’emisfero meridionale è, d’inverno, più lungo rispetto al percorso diurno sull’emisfero settentrionale.

Ora l’anno tropico dura da un equinozio (o autunnale o primaverile) all’altro e la lunghezza esatta di un anno tropico è, come detto, di 365,24219 giorni. Ma può variare a causa di varie influenze, come le perturbazioni gravitazionali degli altri corpi celesti nel sistema solare. La sua definizione approssimata è comunque utilizzata per scopi pratici e come base per la costruzione dei calendari, tra cui come detto, il calendario gregoriano (utilizzato nella maggior parte del mondo).

CORREZIONE DELL’ERRORE DEL CALENDARIO LUNARE

Risolto il problema dell’anno tropico, non così semplice era il rimedio di correggere l’altro errore determinato dallo sfasamento dei noviluni rispetto al calendario solare e a quello lunare. Occorreva retrodatare i noviluni.

Luigi Lilio (1510-1576)

Il termine “novilunio” si riferisce alla fase lunare in cui la Luna si trova tra la Terra e il Sole, con la faccia illuminata rivolta verso il Sole e la faccia oscura rivolta verso la Terra. Durante questa fase, la Luna è praticamente invisibile dalla Terra, poiché la parte illuminata non è rivolta verso di noi. In altre parole, il novilunio è la fase di Luna nuova. Il ciclo lunare inizia con il novilunio e da questo momento la Luna inizia a crescere in luminosità nelle fasi successive (crescente), fino a raggiungere la fase di Luna piena, per poi diminuire nuovamente in luminosità (calante) fino a tornare al novilunio. Il termine “novilunio” deriva dal latino “novus” che significa “nuovo” e “lunio” che significa “lunare”.

Il novilunio, successivo al plenilunio, è un giorno lunare importante nel calcolo della Pasqua, oltre che dei mesi lunari nei vari calendari lunisolari presenti in molte culture e tradizioni.

Lilio si occupò della sfasatura tra calendario lunare e solare. È questa la parte più interessante della riforma perché lo scopo fondamentale di Papa Gregorio era, appunto, che, nello stabilire l’epoca della Pasqua, non venisse tradita l’intenzione dei padri niceni, cioè che la Pasqua cristiana si celebrasse nella prima domenica dopo il plenilunio che seguiva l’equinozio di primavera.

Riforma del calendario gregoriano, Bolla di Gregorio XIII

Lilio pensò di rivedere il c.d. ciclo Metonico delle fasi lunari ed elaborò un metodo per evitare che le lunazioni scivolassero di un giorno ogni 312,5 anni. Mediante due equazioni (solare e lunare) propose un originale ed efficace c.d. ciclo delle epatte di Lilio, che permetteva di stabilire la data della Pasqua di qualsiasi anno nel corso dei secoli. In breve, la riforma liliana risolse il problema eliminando dieci giorni dal calendario giuliano nel 1582 e adottando le 4 regole sulla durata dell’anno, gli anni bisestili e gli anni secolari. Quindi, il precedente ciclo Metonico o delle “Epatte di Metone” per la determinazione della Pasqua venne sostituito. 

Per capirlo occorre dare una spiegazione del ciclo metonico. Esso era un ciclo di 19 anni lunisolari, ovvero il periodo di tempo necessario perchè le fasi della Luna si ripetessero nelle stesse posizioni rispetto al Sole. Questo ciclo era chiamato così in onore dell’astronomo greco Metone, che lo introdusse nel 432 a.C.

Il ciclo metonico correggeva due cicli astronomici sfasati: il ciclo sinodico della Luna (con un mese lunare tra due noviluni consecutivi di 29,53 giorni) e il ciclo solare (con un mese solare di 30 o 31 giorni). Il ciclo metonico coordinava i calendari lunari e solari, che altrimenti si disallineerebbero nel tempo, con un ciclo (metonico) di 235 mesi sinodici (di 29,53 giorni ciascuno), passati i quali in circa 19 anni solari, il mese solare era coordinato con quello lunare. Questo significa che dopo 19 anni, la Luna doveva tornare alle stesse fasi e posizioni nel cielo in relazione al Sole. Questo ciclo era utilizzato in alcuni calendari, come il calendario ebraico e comportava che dopo 19 anni lunisolari venissero aggiunti sette mesi aggiuntivi (!), i c.d. mesi embolismici al calendario ebraico, per mantenere la sincronizzazione tra i cicli lunari e solari.

Litorale di Cirò, torre

Il ciclo delle epatte proposto da Lilio, il più rinomato astronomo della Calabria, nato a Cirò Marina, invece, superando il calendario ebraico sincronizzò subito il calendario lunare e l’anno solare per mezzo dell’anno tropico e per mezzo della soppressione di 10 giorni nel 1582.

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Cultura Enogastronomia

Nutrizione e gastronomia Calabrese

La fame è essenziale per la nostra sopravvivenza e ci induce a nutrirci a sufficienza per il funzionamento del nostro organismo. Ma spesso mangiamo non perché abbiamo fame, ma perché ci piace il cibo. E questo riguarda l’appetito, si entra allora nel campo della gastronomia, cioè dell’arte e della cultura come arricchimento e valore familiare e tradizionale.

FAME E SAZIETÀ VS. CULTURA DEL CIBO

La fame è regolata da un vasto sistema interconnesso che comprende il cervello, l’apparato digerente e i depositi di grasso. Il desiderio di mangiare può essere innescato da fattori interni, per esempio l’ipoglicemia o lo stomaco vuoto, o da fattori esterni, come l’aspetto e l’odore del cibo. Quando abbiamo mangiato, si generano segnali di sazietà che ci dicono “basta”.

L’appetito è diverso dalla fame, anche se le due cose sono collegate. Vedere il cibo può stimolare il desiderio di mangiare, che si abbia fame o meno…Poi ci si immette nel nostro ambiente familiare ed il cibo diventa affetto, ricordo, nostalgia della strada di casa…

Nostalgia di casa (Sila)

UN PO’ DI FISIOLOGIA

A livello fisiologico, quando lo stomaco è vuoto da circa due ore, i muscoli gastrici si contraggono, espellendo eventuali residui. L’ipoglicemia intensifica la sensazione di fame; aumenta anche il livello di grelina, l’ormone della fame. Quando, invece, lo stomaco si riempie, i recettori ne rilevano la dilatazione, causando il rilascio di sostanze che attenuano la fame. Il nostro corpo lavora e la dilatazione dello stomaco e l’aumento del glucosio nel sangue stimolano il rilascio di insulina, che permette la trasformazione del glucosio in glicogeno (nel fegato) e poi in grasso. La Leptina verso il cervello è rilasciata dalle cellule adipose per inibire la fame (Dopo il pasto viene secreta altra leptina e ci sentiamo sazi).

Fame e sazietà

UN PO’ DI MEMORIA

La stessa reazione della fame e della sazietà è provocata dall’aspettativa dell’ora del pasto, ma anche, visto che siamo esseri sociali, dal fatto di partecipare, almeno in Italia ed in Calabria, al magnifico panorama gastronomico della dieta mediterranea e, in particolare, dei borghi calabresi, dove il cibo non si limita a passare nello stomaco attraverso l’esofago.

Calabria, un magnifico panorama gastronomico

Il cibo è anche il qualcosa a cui lo associamo. Per l’appetito è importante anche il ricordo del cibo consumato e a chi ha perso la memoria a breve termine può succedere di mangiare di nuovo poco dopo un pasto. Anche lo stress accresce il desiderio di mangiare. Alcune sostanze regolano l’appetito mediante azioni specifiche sull’organismo.

Per esempio l’acqua dilata lo stomaco e innesca il senso di sazietà, che però dura poco poiché l’acqua si assorbe rapidamente e l’organismo reagisce alla mancanza di alimenti. Ma intanto ci dà un senso di freschezza e ci ristora come “cosa preziosa, umile e casta”, come diceva il Santo di Assisi…

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Invece, i cibi ricchi di fibre rallentano lo svuotamento dello stomaco e ritardano l’assorbimento degli alimenti, prolungando il senso di sazietà. Così, p.e., i fagioli bianchi del Parco del Pollino ci alimentano e ci ricordano i panorami assolati e pietrosi del nord della Calabria.

Le proteine, invece, influenzano il rilascio di vari ormoni che regolano l’appetito, fra cui la leptina, aumentando il senso di sazietà. Come non ricordare, gustando un fragrante salume calabrese e sentendosi sazi, l’odore intenso di affumicatura, che rimanda ai boschi e alle foreste della Sila, con i loro alberi secolari.

APPETITO E CONTRASTO GASTRONOMICO ALL’OBESITÀ

Chi tende all’obesità reagisce in maniera diversa agli stimoli esterni di fame ed è meno sensibile alla leptina, l’ormone della sazietà. Purtroppo la leptina come farmaco non è efficace contro l’obesità: l’organismo diventa ancora più insensibile ad essa, anche in dosi elevate.

Varietà di salumi

La fame può essere innescata da uno stimolo esterno e voglie ossessive possono scatenare un desiderio intenso e specifico di un certo alimento. Talvolta derivano da specifiche carenze nutritive e sono il modo in cui l’organismo ci informa del problema, ma perlopiù sono psicologiche, innescate da stress o noia.

Fagioli bianchi del Pollino (tipo Poverello)

Si può reagire con il bilanciare i cibi desiderati, che sono ricchi di grassi o zuccheri e il cui consumo scatena nel cervello un’ondata di sostanze chimiche piacevoli, con i cibi della tradizione.

Consumare un alimento vero, pregno di cultura di tradizione, come il pane casereccio della Calabria può sedare il senso ossessivo di fame?

Panorama del parco nazionale del Pollino

Forse sì, forse no. Certo è che se è questa la sensazione che desideriamo, potrebbe opporsi ai desideri innaturali che alcune persone, specie donne incinte o bambini piccoli o soggetti obesi, manifestano con specialissime voglie di sostanze non alimentari, fra cui terra, gesso, ferro e sapone. Gli psichiatri chiamano questa voglia “pica”.

Nulla di meglio di reagire alla “pica”, allora, che con la biodiversità della gastronomia calabrese

In essa sono presenti e da degustare alcuni prodotti famosi come: liquirizia, fichi, salumi Dop, pasta nduja di Spilinga, bergamotto, formaggi, cedro, peperoncino e tanti altri. In Calabria sono ben 269 i prodotti censiti che fanno parte del patrimonio di specialità alimentari, a cui si abbinano ben 17 Dop e Igp.

Sopressata calabrese

Questo è il risultato del lavoro di intere generazioni di agricoltori impegnati a difendere e preservare nel tempo la biodiversità e la tipicità del territorio e delle tradizioni alimentari, che sono un bene comune per tutti i cittadini e un bene culturale che suscitano notevole interesse, in quanto offre con orgoglio ai turisti italiani e stranieri alimenti fortemente evocativi di storie e di territori.

Biodiversità di profumi, spezie ed essenze

Le specialità regionali della Calabria sono – secondo la Coldiretti – 85 tipi diversi di pasta, pane e prodotti da forno, 28 tipi di carne, 24 formaggi, e ancora: 73 prodotti vegetali o trasformati, 12 piatti composti o prodotti gastronomici, 7 bevande (comprese le bibite), liquori e superalcolici, 11 prodotti di origine animale (miele, latticini escluso burro, ecc.) e 21 preparazioni di pesce, molluschi e crostacei.

Acqua e salute