Per capire il rapporto che un borgo calabrese, o in generale del Mediterraneo, ha con la musica, classica, leggera o pop bisogna avere un pò di fantasia, anzichè averne poca…
Infatti, questo rapporto è del tutto naturale.
Basta pensare ai ragazzi fermi al bar centrale del paese a meditare sonnacchiosi al sole mentre sorseggiano vino o un caffè, mentre la radio strilla da un amplificatore o si diffonde il suono di un vecchio Jukebox o una chitarra più o meno intonata che stride in un vicolo. Spesso sarà solo un pezzo pop, raramente una vecchia canzone napoletana, remixata.
Se poi il pezzo è una vecchissimo successo di Renato Carosone (p.e. O’ Sarracino) allora le porte del tempo si spalancano sulla musica del Mediterraneo che, – come, più in generale, la sua cultura – è la sintesi di quanto è avvenuto nel corso dei secoli sulle sue sponde.
I Saraceni di Carosone da queste parti non sono solo un antichissimo ricordo buono per descrivere un affascinante “latin lover”, – al contrario, di questa stirpe di predoni è rimasto anche un retaggio, ancora del tutto visibile oggi, nell’architettura dei borghi (assiepati come un fortino difensivo), ma soprattutto arroccati per ragioni di difesa da questi invasori, i Turchi Ottomani, sulle colline antistanti il mare. Questo è per esempio evidente per paesini come Davoli Superiore, Badolato o S. Andrea sullo Ionio.
I Saraceni sono solo una delle invisibili presenze del passato, che vive ancora nei costumi e nelle canzoni. Sin dai tempi antichi, il Mediterraneo infatti è stato solcato da molti altri uomini, popoli e nazioni, tutti alla ricerca di novità e conquiste e animati dal desiderio di conoscenza e di dominio: Il mare e i borghi sul mare sono stati, allo stesso tempo, un confine e un punto di unione per i popoli che si sono affacciati sulle sue coste.
La conseguenza non è stata una semplice fusione di lingue, costumi, suoni e colori durata millenni, in realtà si è anche sedimentato un sostrato comune, che può benissimo essere manifestato dalla c.d. “Musica del Mediterraneo”.
Per esempio, nella canzone napoletana si sente ancora un chiara eco della musica araba antica, la quale con la sua organizzazione numerica (le scale tonali, le battute, il solfeggio) si pone alle radici stesse della musica europea (e non dimentichiamo che i numeri che usiamo oggi, presenti nelle partitura musicali, sono proprio cifre “arabe”). Non solo: La musica medievale, da cui viene quella mediterranea e, in generale, quella occidentale hanno tratto da quella araba anche, suoni, forme e strumenti. Per quanto strano, anche gli strumenti tipici dei nostri musicisti contemporanei sono legati a questa tradizione (cioè, araba, musulmana, saracena o turca, che dir si voglia). Dovremmo, per un attimo, fare attenzione a quegli strumenti musicali così tipici, non solo, del sud Italia, e di Napoli, ma anche della musica pop di oggi (batteria, chitarra, fiati, archi e vari tipi percussioni), per scoprire all’improvviso che in particolare il mandolino, tipico strumento della musica napoletana e nipote per eccellenza dell’antico strumento arabo, Ud anche detto Al’ oud, è in realtà l’antesignano di moltissimi strumenti di oggi.
Dal mandolino è, infatti, derivata la chitarra e molti altri strumenti a corda, forse quasi tutta la tradizione strumentale della musica classica e colta (viole, violini, violoncello, contrabbasso, ecc.).
Il mandolino e gli altri strumenti arabi e saraceni giunsero in occidente attraverso Bisanzio, le Crociate, la Spagna mussulmana e la Sicilia araba. Poi il medioevo occidentale e mediterraneo ha ereditato dal mondo arabo questi ed altri strumenti, basti pensare al liuto, cioè propriamente Al’ oud, dal quale deriva il liuto rinascimentale, il Calascione, la Mandola, il Mandoloncello ed il Mandolino e, come detto, la chitarra moresca, la chitarra andalusa, il salterio (dal Santur), vari tipi di violini, ecc.
Non da trascurare inoltre il fatto che quasi tutte le percussioni moderne (drums, batteria, rullante, grancassa, ecc.) derivano dal tamburo arabo, cioè dal Tabor.
Si comprende, allora, come dalla Spagna musulmana questi suoni si siano diffusi in tutti quei paesi dell’Europa che sono circoscritti al bacino del mediterraneo e di lì siano dilagati nel mondo… Si capisce inoltre come in Italia, dalla Sicilia araba, questa musicalità abbia invaso tutta la cultura sonora del sud Italia ed in particolare quella napoletana…fino a Carosone e alla tecno più sofisticata!
Nella musica leggera di oggi si trova, infatti, ancora una traccia delle “serenate” o “mattinate” (canzoni d’amore della notte e del mattino), così diffuse nella Napoli di Federico II di Svevia che nel 1221 l’imperatore tentò persino di proibirle per decreto, per tutelare la quiete pubblica.
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Nel canticchiare vecchie canzoni di un contadino nel borgo o di una ragazzo al bar è dunque sepolta da secoli e secoli di buio e ombre, l’autenticità di una cultura ricca di storia, tradizioni e scienza, che si mescola alla luce del giorno, con la vita quotidiana dei borghi,… come un rumore di sottofondo.